“Noi, i tatuaggi, uno smartphone e una stanza buia”

“Dovresti comprarti uno smartphone, così ti metti Wazzup e puoi mandare tanti messaggi senza pagare in tutto il mondo”.

Mentre parlava non smetteva di fissare quel “coso” che aveva in mano, muoveva le dite sullo schermo aprendo applicazioni e finestre. Stavo assistendo a una masturbazione tra un umano e un cellulare.

“Davvero! E’ figo! Risparmi e comunichi con i tuoi amici per tutto il giorno! Diventa una droga, sai?

Io invio circa 70 messaggi al giorno!”

Avevo calcolato che in circa trenta minuti di conversazione i nostri sguardi si erano incrociati forse tre volte. Lei fissava il coso e non smetteva di scrivere. Movimenti compulsivi, nevrotici.

Non poteva fare  a meno di controllare ogni secondo lo schermo che puntualmente s’illuminava accompagnato da una vibrazione.

Mentre leggeva le sue notifiche, prendo in mano il mio Samsung modello “Tiburtina”: nessun messaggio ricevuto, nessuna chiamata.

Per un attimo mi sento solo, anch’io avverto il desiderio di avere un coso per mandare e ricevere messaggi inutili. Far scivolare le mie dita su uno schermo lucido e luccicante, sentirmi parte di un MONDO.

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Già all’epoca delle Christmas card toppavo alla grande, ero l’unico stronzo della provincia ad avere la Wind.

Quando uscivo con gli amici i loro cellulari squillavano o vibrano, coglievo i loro sorrisi e commenti entusiasti.

Io ricevevo solo messaggi che informavano dei nuovi piani tariffari o domande da mio padre scritte con un forzato stile giovanile atto a nascondere la sua ansia: “A ke ora torni stase?”

Ora la situazione è più o meno la stessa, con l’aggravante che la mia rubrica è quasi vuota, che son passato a Vodafone e le Christmas card non se le incula più nessuno.

“In pratica ti puoi scaricare anche i giochi”.

“Tipo, io ho trovato questo dove devi toccare l’uovo un milione di volte e poi forse si aprirà facendo uscire un pulcino”.

Intanto continuava a pigiare il suo indice sullo schermo, sul quale appariva quanti tocchi mancassero alla schiusa. 650.000.

Questo implicava che l’idiota davanti a me avesse speso minuti della sua vita per toccare lo schermo 350.000 volte.

Un atto evolutivo notevole, forse superiore a quello di mollare una bomba carta poco prima che esploda.

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Il coso continua a vibrare, messaggi su messaggi.

Lei scrive e mi parla, io non spiaccico una parola, ripasso mentalmente l’alfabeto sumero.

Mi spiega che è possibile creare dei gruppi su Wazzup dove vi prendono parte solo certe persone (provo a immaginare il privilegio di essere inseriti in uno di questi gruppi), così tutti possono leggere i messaggi di tutti e comunicare all’infinito.

Le hai quattro gruppi, quello dell’Università, della scuola di danza, degli amici delle superiori e dell’Erasmus.

Messaggiano tutto il giorno, a tutte le ore.

Bella la vita.

Cerco di cambiare argomento, accennando a quella ex compagna delle medie che è rimasta incinta e ha chiamato il figlio “Ronaldo”. Ma nulla.

Lei mi fissa per un attimo, mi sorride e lancia un’occhiata al coso.

“Sai, mi son fatta un nuovo tatuaggio, qui sul fianco sinistro. E’ un teschio adagiato su delle rose, rappresenta l’incontro tra la vita e la morte.”

Quello credo sia il suo tatuaggio numero sei, preceduto da opere d’arte come: fiori colorati sul braccio destro, il suo nome in corsivo sotto l’avambraccio destro, altri fiori sulla spalla sinistra, una farfalla sulla caviglia e la scritta “Hate me” sulla schiena.

Li esibisce fiera e sicura di sé, proprio come alle superiori esibiva il suo piercing all’ombelico a metà dicembre.

Credo che quando Nietzsche parlasse di “Eterno ritorno” intendesse questo.

Penso che il problema non siano i tatuaggi in sé, quanto piuttosto che l’idiota davanti a me abbia ricoperto il suo corpo con le medesime banalità che altri idioti come lei hanno sui loro.

Lascio da parte l’interpretazione dei tattoo, perché dopo il teschio adagiato su rose e la metafisica che racchiude avrei voluto spaccarle una bottiglia in faccia.

Resto dell’idea che se dovessi rappresentare il concetto di vita e morte sulla mia pelle, probabilmente non basterebbe l’intera epidermide e sarei costretto a scuoiare gente per portare a termine l’opera.

“Dovresti farti anche tu un tattoo, ti starebbe bene e poi oggi va di moda, è sexy ed è un modo per esprimere se stessi”.

Penso se risponderle o meno, meditando se possa comprendere le mia parole o no.

Decido di tacere, annuisco con la testa ed emetto versi di assenso “adagiati” su sorrisi forzati.

L’essere che è davanti a me, mi sta fornendo un ritratto antropologico della contemporaneità.

Non nascondo di provare una certa fatica a comprenderlo, ma mi sforzo.

E mi sforzo così tanto che devo ordinare il terzo gin tonic.

Lei esprime se stessa attraverso i tatuaggi e lo stesso fanno gli altri, il problema è che tutti si tatuano le stesse cose, quindi fondamentalmente non hanno nulla da dirsi se non ripetere le medesime stronzate.

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Un po’ come i messaggi su Wazzup.

All’improvviso, vuoi per colpa del terzo gin tonic, vuoi per altro, sono colto da visioni mostruose e angoscianti.

Peggio dei film di Lynch dove appaiono nani a caso e gnocche da paura stuprate.

Una mandria di corpi che si addobbano e adornano come stanze riempite da mobili IKEA, corpi che splenderanno al sole per qualche stagione per poi sfasciarsi sotto il peso degli anni.

La loro pelle caduca, fiori che appassiscono, nomi che il tempo farà sbiadire.

Corpi che cercano l’approvazione altrui, corpi morsi della solitudine e spaventati dal terrore di non poter essere nessuno.

Corpi in una stanza buia, illuminata solo dalla luce di uno schermo di uno smartphone che a intervalli si accende e ci mostra contorni, figure, disegni sulla pelle.

Noi, i tatuaggi, uno smartphone e una stanza buia.

Le foto dell’articolo sono opere dell’ artista Gèrard Racinan, per saperne di più:http://rancinan.com/wp2013/

5 comments

  1. Roberto · gennaio 13, 2014

    Non ho idea di chi tu sia, ma sappi che non sei solo.

  2. Nami · gennaio 14, 2014

    Mi unisco a voi. Non ho tatuaggi, il mio telefono ha solo la torcia, non ricevo messaggi. E sono felice

    • giuseppe · gennaio 14, 2014

      I commenti lasciati prima di questo dimostrano come il bisogno di conformarsi vada ben oltre la ragazza sempliciotta citata nell’articolo.

  3. Pino · gennaio 14, 2014

    Però te la saresti scopata uguale

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